Di fronte alle crescenti ambizioni di colonizzazione dello spazio, una delle principali sfide è garantire agli astronauti una fonte di cibo autosufficiente. La bioingegneria svolge un ruolo fondamentale nella creazione di sistemi alimentari sostenibili che possano funzionare al di fuori della Terra. A febbraio 2025 sono in corso ricerche attive sulla coltivazione di piante e la produzione di alimenti in condizioni estreme, come la superficie della Luna e di Marte.
Nel 2025 la NASA, l’ESA e altre agenzie spaziali si concentrano sulla creazione di biosistemi automatizzati che consentano la coltivazione di ortaggi e legumi all’interno degli habitat spaziali. Progetti come Veggie e EDEN ISS forniscono preziose informazioni sulla reazione delle piante alla microgravità, alla luce limitata e alla pressione atmosferica variabile.
Le coltivazioni avvengono in sistemi chiusi con atmosfera controllata, illuminazione LED e ricircolo dell’acqua. In condizioni lunari e marziane, è necessario utilizzare substrati speciali – solitamente sintetici o trattati dal regolite locale – per consentire alle piante di radicarsi e crescere.
Tra le specie più promettenti ci sono lattuga, rucola, patate e soia. Hanno cicli di crescita brevi, alto valore nutrizionale e sono ben studiate per le condizioni spaziali. L’obiettivo è minimizzare il consumo di risorse e massimizzare i raccolti nello spazio limitato.
La mancanza di protezione atmosferica rende le piante coltivate fuori dalla Terra vulnerabili alle radiazioni cosmiche. Studi del 2024 e inizio 2025 dimostrano che l’eccessiva esposizione può influenzare il DNA, portando a mutazioni o blocchi nella crescita.
Per contrastarlo, si utilizzano piante geneticamente modificate resistenti alle radiazioni e barriere protettive in materiali assorbenti. La bioingegneria consente anche l’introduzione di geni che aumentano la produzione di clorofilla ed enzimi riparatori del DNA.
La mancanza di gravità influisce anche sull’orientamento delle piante nello spazio – un processo noto come gravitropismo. Grazie a piattaforme rotanti artificiali che simulano la gravità di Marte, è possibile ripristinare la crescita e lo sviluppo cellulare regolare.
Oltre alla coltivazione di piante, si esplora la produzione di cibo a partire da cellule – come la carne coltivata da cellule staminali. Laboratori in USA e Giappone sperimentano “carne spaziale” che cresce in bioreattori senza allevamento animale.
Questo tipo di alimento è altamente proteico e può essere prodotto con un uso minimo di risorse come acqua ed energia. All’inizio del 2025 sono in fase di test prototipi di proteine da insetti, alghe e lieviti in ambienti che simulano habitat lunari.
La bioingegneria cellulare consente anche la progettazione di alimenti personalizzati per gli astronauti – arricchiti con ferro, calcio o vitamina D, spesso carenti in condizioni di scarsa esposizione solare e bassa gravità.
I bioreattori sono dispositivi fondamentali per la produzione di cibo cellulare. Possono funzionare in modo automatico, alimentati da energia solare o nucleare, e produrre proteine, grassi e nutrienti essenziali.
Nel 2025, l’azienda Aleph Farms in collaborazione con ESA testa una nuova generazione di bioreattori capaci di produrre porzioni di carne in pochi giorni. Questo riduce drasticamente la dipendenza dai rifornimenti terrestri.
Oltre al cibo, i bioreattori possono anche produrre farmaci, enzimi digestivi e materiali per la stampa 3D. Questi sistemi integrati saranno la base delle future colonie spaziali autonome.
Nonostante i progressi, permangono ostacoli importanti all’integrazione della bioingegneria nelle missioni spaziali. Tra questi: accesso limitato all’energia, necessità di ambienti sterili e problemi di trasporto dei materiali biologici.
A febbraio 2025, si lavora alla creazione di sistemi bioregenerativi per il supporto vitale, che combinano fotosintesi, filtrazione dell’aria e purificazione dell’acqua in un ciclo chiuso. Queste soluzioni massimizzano l’efficienza delle risorse.
Il futuro della bioingegneria richiede collaborazione internazionale, supporto del settore privato e nuove regolamentazioni etiche per la modifica genetica degli organismi destinati all’uso extraterrestre.
Le colonie spaziali autosufficienti saranno possibili solo se in grado di produrre cibo in loco. Grazie alla bioingegneria, si prevede che entro il 2030 le prime basi lunari produrranno alimenti localmente.
Su Marte, dove le condizioni sono più estreme, serviranno sistemi più avanzati, ma scenari realistici prevedono una combinazione di serre e produzione cellulare.
L’esplorazione spaziale sostenibile si basa sempre più sull’innovazione nella bioingegneria – una scienza che unisce genetica, chimica e tecnologia per rendere possibile la vita oltre la Terra.